Dall’albo pretorio ai social. La pubblica amministrazione è definitivamente sbarcata nell’era della comunicazione on-line. Ma anche questa rivoluzione – “che non è stata vista arrivare” – più che gestita è stata subita.
Con risultati diversi, a macchia di leopardo, a partire dall’attuazione dalla legge 150/2000, che disciplina “le attività di informazione e di comunicazione delle pubbliche amministrazioni”. Legge in parte disattesa e in parte superata. Con esiti, nella nostra provincia che conta 148 pubblicisti e 28 giornalisti professionisti, non proprio incoraggianti per l’occupazione.
Dei tre comuni maggiori, solo Omegna ha un Ufficio stampa con giornalista assunto a tempo determinato (a part-time). Verbania dispone di un “portavoce”, in stretto collegamento e con un rapporto fiduciario con il sindaco. Domodossola né l’uno né l’altro; aveva assunto un portavoce solo dal 2002 al 2007. La Provincia del Vco che in passato aveva curato le pubbliche relazioni con tanto di Ufficio stampa e giornalista, ora gestisce la propria comunicazione (e marketing) direttamente dall’Ufficio di presidenza e con un sito web pratico ed essenziale, anche se non esattamente “à la page” con le ultime direttive nazionali sull’online, che vorrebbero format e colori uniformi. (Linee guida di design per i siti internet e i servizi digitali della PA”, luglio 2022).
La legge 150/2000 ha rappresentato comunque un salto epocale per i comuni passati dalle ordinanze, dalle deliberazioni, dagli avvisi cartacei affissi in bacheca (anni ‘90), direttamente ai siti web e alla comunicazione on line. Da una cultura del riserbo e della segretezza, che ha da sempre caratterizzato la pubblica amministrazione in Italia, ad una della trasparenza e della comunicazione, di passi se ne sono fatti.
Anche nel nostro piccolo. Da Intragna, il comune più piccolo del Vco (100 abitanti) a Verbania, il capofila con i suoi 30 mila abitanti, si comunica on line, imperversano le app, i siti “responsive per mobile”, quelli cioè che si adattano sia al computer da tavolo, al tablet, e ai telefonini. E con i cellulari l’informazione istituzionale è sbarcata definitivamente sui social: ormai è tutto un comunicare su Facebook, You Tube, Twitter, Instagram.
Un’overdose di informazioni. Un trend in sintonia con i comportamenti delle nuove generazioni, ma sul cui esito finale – la reale comprensione di ciò che succede nel “villaggio” e crea consapevolezza – è lecito nutrire qualche perplessità. Fosse solo, come sostiene Marshall McLuhan, che “Lungi dall’essere normale, una comunicazione riuscita è una rarità”. Ma anche perché l’eccesso di dati e di canali informativi rischia di generare un rumore di fondo – un sovraccarico cognitivo – che ne limita la comprensione: troppa comunicazione, nessuna comunicazione.
Il comune di Verbania, grazie al fatto di disporre di un servizio informatico di prima efficienza (4 addetti), ha uno dei siti web più performanti della Provincia con una media di 30 mila visite mensili. La città è presente inoltre anche su Facebook, You Tube, Twitter e su Telegram, quest’ultimo social con circa 2000 iscritti ha sostituito la news letter. Con una comunicazione estremamente efficace Verbania ha il secondo miglior tasso di penetrazione su Facebook in Italia, vale a dire che può contare su 55,8 follower per ogni 100 abitanti, seconda dopo Crotone (69,9 follower ogni 100 abitanti); terza Rimini (54,7). (Rilevazione di FPA sull’utilizzo dei canali social in 108 comuni capoluogo nel 2022).
Un risultato estremamente positivo (i social sono gestiti dal portavoce) a cui si aggiunge anche il filo diretto del sindaco, Silvia Marchionini, che imperversa con un linguaggio essenziale, sobrio e senza intermediazioni con un profilo su Facebook che ha 5000 amici e 3979 follower, a cui ha aggiunto un’ulteriore pagina Facebook con 3736 follower. A titolo di confronto Mimma Moscatiello, sindaco reggente di Omegna da meno di un anno, ha poco meno di 2000 amici, Lucio Pizzi sindaco di Domodossola 2894 amici e 3057 follower. Bruno Toscani sindaco di Villadossola 3455 amici. Gianmaria Minazzi, sindaco di Cannobio 2651. La pagina facebook di Giovanni Morandi sindaco di Gravellona conta 1703 follower. Quella del presidente della Provincia del Vco Alessandro Lana, 2015.
Anche Omegna è presente su Facebook e su Instagram a cui si aggiunge la possibilità di iscriversi ad una news letter. Pure Domodossola informa su Youtube e Facebook.
Tutti e tre, oltre ai siti web istituzionali, ne hanno altri tematici; quello turistico innanzitutto. Verbania, che ha un sito a parte per Il Maggiore (il Teatro) ed Editoria e Giardini, lo ha appena rinnovato, rinominandolo ViviVerbania. Omegna oltre a VisitOmegna ha il sito web del premio letterario Della Resistenza e il Festiva di letteratura per ragazzi. Domodossola propone due siti tematici, Domosofia e Casa40 dedicato alla Repubblica partigiana dell’Ossola.
Ma il salto epocale della comunicazione pubblica è stato più il risultato dell’innovazione tecnologica, della digitalizzazione della Pubblica amministrazione che di una comprensione effettiva delle dinamiche e delle esigenze di una comunicazione efficace.
Si è pensato cioè che i siti web, realizzati nella maggior parte dei casi da aziende esterne (in fotocopia come da disposizione ministeriale) e la presenza automatizzata sui social dei dati e delle notizie inseriti dai vari uffici, bastassero ad assolvere il tema dell’informazione con i propri cittadini. In parte è vero, in parte no, perché, come dicono gli informatici “garbage in garbage out”; non è che se butti dentro spazzatura – notizie alla rinfusa, scritte male, senza criterio, senza gerarchie – puoi avere qualcosa d’altro. Il Comune di Baveno, in fondo se n’è reso conto, e in assenza di un supervisor interno, ha assunto e incaricato un portavoce (lo stesso di Verbania) di curare l’aspetto social informativo. Ma più che di portavoce la sua funzione sarebbe quella di social media manager.
L’innovazione tecnologia negli ultimi vent’anni ha così surclassato la legge 150/2000 ormai obsoleta. Legge per molti versi inapplicabile per la gran parte dei comuni d’Italia, Vco compreso, visto che impone di costituire gli stessi uffici per gli stessi scopi indipendentemente dalle dimensioni delle singole amministrazioni. E così gli Urp, gli Uffici di relazione pubblica che avrebbero dovuto occuparsi di comunicazione pubblica esterna ed interna, essere “orientati alla customer satisfacion” (sic!), favorendo l’accesso ai cittadini, garantendo il diritto di informazione, partecipazione… eccetera, eccetera… nei comuni con meno di 5 mila abitanti sono stati sostanzialmente bypassati. Disattesi. E se si pensa che in Italia i comuni con meno di 5 mila abitanti sono circa il 70% (5.229 su 7.901) si ha un’idea della realtà delle cose. Ancor più chiara nel Vco, dove i piccoli comuni superano il 90% (68 su 74).
Comprensibile dunque che nella nostra provincia, dove mancano i segretari comunali, e quelli che ci sono si devono sobbarcare anche una dozzina di comuni a testa, nei comuni sotto i 5 mila abitanti la soluzione più praticata sia stata quella della semplice targa Urp affissa su una parete dell’ufficio virtuale; ovvero di una pagina sul web a spiegare le “magnifiche sorti e progressive” del nuovo ufficio, con l’istituzione di una email Urp@comunedi…, il numero telefonico (e in qualche caso ancora del fax) e dell’attribuzione, ad un qualsiasi impiegato, delle funzioni sopraggiunte di aggiornamento dei dati, trasparenza, contatti esterni, segnalazione dei cittadini…
Mentre il sito web funge da bacheca essenziale (non sempre aggiornata) la comunicazione con i cittadini è gestita “in economia” dai sindaci e dagli amministratori con un profilo social con risposte e commenti immediati (fenomeno che è cresciuto durante la pandemia) o, come si è sempre fatto, a tu per tu “on the road”, all’insegna del “villaggio reale”.
Di contro cala il sex appeal dei giornalisti all’interno della pubblica amministrazione nonostante le roboanti dichiarazioni dell’ex ministro della Funzione Pubblica Fabiana Dadone (M5s), che nel 2020 aveva annunciato una riforma della legge 150: “Le amministrazioni non potranno trasformarsi davvero in una casa di vetro se non si rilancia e si riconosce il lavoro dei professionisti e delle nuove figure della comunicazione pubblica”. Solo che nell’assunzione degli addetti stampa per un accordo Anci-Fnsi viene sostanzialmente applicato il contratto degli enti pubblici (cat. D1, euro 1.844 lordi mensili) e non quello nazionale dei giornalisti (redattore esperto, euro 2.939).
Una retribuzione che non qualifica il ruolo, il “peso specifico” del professionista dell’informazione che lavora a scadenza, “compresso” all’interno di una struttura pubblica a compartimenti stagni. Dove fatica a ritagliarsi un ruolo.
Provate voi a spiegare ad un “capo settore” le banali regole di un comunicato stampa secondo le vecchie regole dell’Ansa, ovvero che una notizia non può essere più lunga di venti righe, ciascuna delle quali di 64 battute. Che deve avere un attacco, un “lead” di 530 battute al massimo. Che stare in nove righe è più efficace che scriverne 10. Che è meglio meno che più. Che certi modi di dire, come “espletamento di procedure concorsuali” sono ridicoli prima ancora che incomprensibili.
In questo contesto, appare evidente come la Legge 150/2000 – anche laddove applicata – sia nei fatti superata. Si dovrebbe parlare di social media manager, di personale formato e capace di comunicare e di interagire con l’utenza attraverso i social, più che di portavoce o di uffici stampa, né tantomeno di Urp, che avrebbero dovuto cambiare il modo di comunicare delle pubbliche amministrazioni entrando anche nel merito della “produzione” degli atti. Ovvero del linguaggio utilizzato. Sarà perché, come osservava Gramsci che “a differenza dei funzionari francesi e inglesi, che scrivono per il popolo, quelli italiani scrivono per i propri superiori”, fatto sta che gli enti pubblici continuano a costruire un linguaggio ostile alla comunicazione. È esperienza comune di ogni addetto stampa che nei comuni si continua a parlare in ostrogoto, dove il biglietto del bus si “oblitera” e non si timbra, il servizio si “eroga” e non si offre, un palazzo si “aliena” e non si vende, la gente “interloquisce” e non parla, i rifiuti si “conferiscono” e non si scaricano, i cani non lasciano “escrementi” ma deiezioni. Un linguaggio erroneamente colto, semplicemente complicato. Astruso.
Ma è con questo linguaggio che si presentano sul web, con una comunicazione istituzionale, ancora unidirezionale. Dall’alto al basso, con i social pronti a costruire una nuova torre di Babele per tutta una fascia di popolazione “non nativa digitale”, gli anziani, ma non solo – gli immigrati, gli analfabeti o senza titolo di studio (il 4,6% della popolazione sopra i 9 anni, circa 2,5 milioni in Italia, quasi 10 mila nella nostra provincia), gli analfabeti funzionali stimati al 27% dall’Ocse – che faticano a districarsi fra un click e un altro.
Morale? Lo dicevamo prima: di fronte ad una comunicazione ingessata o burocratica, o iper-tecnologizzata della pubblica amministrazione, la risposta più efficace risulta essere quella che instaurano i sindaci; quella diretta con i giornalisti, i media della provincia, ma soprattutto con la propria gente.
In questo caso il profilo su Facebook che costringe ad essere immediati, evidenzia per numero di “amici” anche la popolarità del sindaco e diventa un mezzo privilegiato dell’informazione politica-istituzionale e della ricerca del consenso.
Con un’avvertenza finale: “In una società satura di voci, di scritte e di informazioni, la differenza è data dalla qualità della comunicazione: chi parla, sinceramente, di ciò che conosce bene, in maniera chiara e sintetica, senza far perdere tempo e pazienza a nessuno” – osserva la linguista Vera Gheno, in ‘Potere alle parole’ – “Chi comunica in maniera chiara dimostra di sapere chi sono coloro che ha di fronte, di dare loro importanza e di ascoltarli”.
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