Magazine Alternativa A Numero 3
Anno 2023
Dare una mano ai ragazzi perchè trovino “un proprio posto”
5 Marzo 2024

Intervista a don Alberto Andrini responsabile dell’Oratorio di Villadossola

La Parrocchia di San Bartolomeo costituisce, per la Città di Villadossola, il principale punto di riferimento per le attività collegate alla Pastorale dei bambini, dei ragazzi, dei giovani e delle famiglie della Comunità. Questo polo educativo è caratterizzato dalla presenza dell’Oratorio San Domenico Savio, riferimento per le attività rivolte ai ragazzi di Villadossola, della Valle Antrona, della Valle Anzasca e dei comuni limitrofi.

Questo Oratorio ha sempre favorito lo sviluppo di attività e iniziative pensate per i minori, per i giovani e per le famiglie del territorio, anche con l’obiettivo di offrire spazi e tempo formativo.

La stabile collaborazione dell’Oratorio con l’Amministrazione comunale, i Servizi Sociali, gli Enti del Terzo Settore e i Comitati di quartiere cittadini consente di intercettare e recepire i bisogni emergenti che il territorio esprime e tradurli in azioni coerenti con il contesto di riferimento.

In quest’ottica è stato avviato, nel dicembre 2021 (con il contributo economico della comunità, di alcune aziende private del territorio, della Fondazione Tami, della Caritas diocesana, della Fondazione Cariplo e della Regione Piemonte) il progetto ‘Tutti in Campo’, con il quale verranno rinnovati gli spazi esterni dell’Oratorio, realizzato aumentando e migliorando l’offerta di attività educative e sportive per i giovani.

Abbiamo chiesto a don Alberto Andrini, responsabile delle attività dell’Oratorio, di raccontarci con che spirito l’Oratorio si rivolge alle proprie comunità.

Che cosa è in grado di offrire l’oratorio di Villadossola a chi è attivo al proprio interno e a chi invece è un po’ più ai margini?

Più che rispondere su cosa  sia in grado di offrire l’Oratorio di Villadossola, e più in generale ogni Oratorio nelle Comunità cristiane di riferimento, mi sembra opportuno riportare una delle ultime definizioni redatte dalla CEI, durante un convegno di più di dieci anni fa, quando l’Oratorio è stato proposto così: “esso accompagna nella crescita umana e spirituale le nuove generazioni e rende i laici protagonisti, affidando loro responsabilità educative. Adattandosi ai diversi contesti, l’oratorio esprime il volto e la passione educativa della comunità, che impegna animatori, catechisti e genitori in un progetto volto a condurre il ragazzo a una sintesi armoniosa tra fede e vita. I suoi strumenti e il suo linguaggio sono quelli dell’esperienza quotidiana dei più giovani: aggregazione, sport, musica, teatro, gioco, studio”.

Questa prospettiva dà una bella direzione al lavoro che abbiamo davanti e che, in una piccola parte è stato avviato negli anni anche nelle comunità di Villadossola e della valle Antrona.

Il verbo “accompagnare” è il più azzeccato per descrivere l’offerta dell’Oratorio: sia per chi sceglie un cammino di crescita umana e spirituale accogliendo le proposte durante l’anno e nei mesi estivi, sia per chi gravita in Oratorio in altro modo, magari semplicemente come spazio di ritrovo con gli amici, al di là di una scelta di fede o di impegno educativo a favore dei più piccoli.

L’offerta formativa spazia nell’ambito di un cammino promozionale dell’umanità e della fede dei ragazzi preadolescenti, adolescenti e giovani, intercetta la possibilità di svolgere sport e attività ludico-ricreative e negli ultimi anni l’opportunità di un tempo e uno spazio dedicati allo studio, attraverso il metodo della peer education, il quale ha il pregio di coinvolgere il mondo giovanile con la sfera dei più piccoli, mettendo a servizio competenze e qualità che arricchiscono chi riceve, ma anche chi si mette in gioco.

Per quanto riguarda i ragazzi un po’ più ai “margini”- come si diceva nella domanda – mi pare che sia compito primario della Comunità accogliere con simpatia e accompagnare con sensibilità questi giovani, laddove ci permettono di entrare, sfruttando ogni occasione che si presenta per offrire una proposta credibile e impegnativa: è il seme gettato nel terreno di cui ci parla Gesù nel Vangelo, non saremo noi a vederne i frutti probabilmente, ma certamente quel seme porterà vita.

Negli ultimi anni anche la riflessione riguardo l’Oratorio sta mutando molti aspetti, alcuni oggigiorno parlano della pastorale dell’incrocio: una bella immagine per concretizzare l’impegno che ogni occasione (ogni incrocio) con la vita dei ragazzi, dalla più banale alla più seria, possiamo renderla significativa; uno sguardo come questo ci permette di poter “dire” qualcosa anche al mondo giovanile che intercetta l’Oratorio per mille motivi diversi, senza mai frequentarlo fino in fondo nelle sue proposte formative .

Con quale messaggio cerca di essere attuale e interessante l’oratorio anche per i ragazzi un po’ in crisi?

Da quello che ho potuto osservare l’Oratorio e la comunità giovanile cristiana che lo compone hanno un grande orizzonte davanti a sé, perché il messaggio proposto non deve essere rivoluzionato, piuttosto la sfida riguarda il rinnovamento dei canali e degli strumenti attraverso i quali esso possa essere traghettato (“insegnato” – mettere un segno dentro) alle nuove generazioni giovani. Ciò che propone l’Oratorio è – ancora – estremamente attuale, vera “aria fresca” per i giovani: rappresenta, infatti, un luogo e un tempo di incontro, di scambio, di espressione, di rielaborazione, di sostegno e conforto, di ricerca di senso, di relazione tra persone e nella ricerca della relazione con Dio, di condivisione di obiettivi, di scoperta reciproca di qualità e valori, di racconto della propria vita nell’ascolto di chi ci sta davanti, di esperienze da poter vivere insieme ad amici e coetanei e non da soli, di impegno e servizio, di un tempo libero e liberante… e la lista potrebbe andare avanti: credo che questo mix renda ancora attraente l’Oratorio (forse la parte più impegnativa è accompagnare fino alla soglia i ragazzi e i giovani!).

Anche il messaggio di fede è reso attuale e più comprensibile ai ragazzi attraverso le attività dell’oratorio?

Il messaggio di fede è al centro dell’impegno oratoriano, ma viene declinato in molti modi, potremmo dire a diverse velocità, tenendo presente che nel mondo odierno manca una base cristiana, prima veicolata direttamente dalle famiglie e nell’ambiente sociale, che veniva affinata dal catechismo e dal cammino cristiano giovanile, oggi questo non esiste più per la quasi totalità dei bambini, ragazzi e giovani, che si trovano a conoscere Gesù e il suo messaggio molto più avanti nell’età rispetto a prima. Questo rappresenta una sfida importante per la Comunità cristiana, non ancora del tutto consapevole del cambio di paradigma in atto (ormai da molti anni) e che interpella le comunità cristiane a cercare nuove vie di evangelizzazione rivolte soprattutto alle famiglie e alle nuove generazioni (che saranno le famiglie del domani).

Certamente ciò che rende più attuale e più comprensibile ai ragazzi il messaggio di fede è la presenza e l’impegno di coloro che sono un po’ più avanti negli anni (animatori ed educatori) che rappresentano spesso non solo un esempio, ma soprattutto una testimonianza di qualcosa di più grande, che apre l’orizzonte di vita, che interroga, che pur impegnandoti ti rende libero.

Attraverso la loro presenza si avvera ciò che già papa Paolo VI scriveva negli anni ’70: L’uomo contemporaneo ascolta più volentieri i testimoni che i maestri […] o se ascolta i maestri lo fa perché sono dei testimoni. (Evangelii nuntiandi)

Quanto l’oratorio, oltre ad essere un punto di incontro per i ragazzi, può essere un luogo di sostegno e confronto anche per le famiglie?

Siccome gli strumenti e i linguaggi dell’Oratorio sono quelli dell’esperienza quotidiana, le famiglie giocano un ruolo determinante nello stimolare i figli alla partecipazione, anche quando questa richieda un po’ di sacrificio e impegno. Svolge un ruolo centrale perché l’Oratorio deve inserirsi in una logica di quotidianità: esso è grande perché quotidiano, vicino, a portata di mano, una seconda casa, con esperienze semplici ma reali, calibrato sulle possibilità del paese in cui è inserito.

Se pensiamo l’Oratorio così, come una casa accogliente, le famiglie hanno il loro posto privilegiato: il bene da perseguire è il bene dei ragazzi, già questo è sufficiente per chiarire come nel cammino dei giovani nessuno può sentirsi escluso o legittimato a demandare ad altri la crescita dei propri figli, questo certamente vale nell’ambito della scuola, della comunità dell’Oratorio o degli altri approcci educativi vissuti dai bambini, ragazzi e giovani.

Ritengo che dovremmo impegnare almeno le stesse risorse ed energie, che utilizziamo per le nuove generazioni, anche per le famiglie: coloro che sono genitori, che hanno la bellezza di far crescere una famiglia, l’impegno di rendere i propri figli persone robuste e libere, avrebbero lo stesso diritto di spazi e tempi di confronto e condivisione. L’Oratorio rappresenta per il nostro territorio un’opportunità da scegliere in questa direzione: non manca il coinvolgimento, che diventa un volano per far crescere ancora di più la passione educativa verso i più giovani. Occasioni di sostegno e condivisione sono proposte, ma alle volte mi pare di poter dire che è anche nel semplice confronto fraterno, in amicizia che emergono i migliori elementi di riflessione e di positività per gli adulti e i genitori che, in diverso modo, “incrociano” l’Oratorio.

I Vescovi sono così convinti di questa cosa che ne fanno addirittura un elenco: aggregazione, sport, musica, teatro, gioco, studio. Gli ambiti della vita dei ragazzi, appunto, con l’intenzione (mi pare) di non escluderne nessuno: tempo libero, tempo dell’impegno, tempo dell’espressività, tempo delle attività strutturate… Tutto diventa educativo e non esiste nulla, nella vita dei ragazzi, che possa essere escluso da questa attenzione. Non c’è niente in quello che loro possono fare o proporre che non possa essere degno di stima: ogni interesse è di per sé educativo e va coltivato in questa direzione. Soltanto uno sguardo miope e piccolo distingue azioni educative da altre non educative; ma di certo questo non può essere lo sguardo dell’oratorio.

Qual è la benzina che attiva un processo di aggregazione e solidarietà tra i pari così partecipato come quello che muove oggi l’oratorio di Villadossola?

Da sempre noto questa particolare caratteristica dell’Oratorio di Villadossola: è ben voluto dalla gente, da tutta la Comunità, da quelli che una volta venivano chiamati “i vicini e i lontani”, dalla comunità marocchina, dai bambini fino ai nonni… ha un qualcosa che attira simpatia e che genera positività. Questo non sarà la benzina, ma aiuta!

La Chiesa oltre ad essere “giusta” ha bisogno di essere anche un po’ “simpatica”: cioè avere una disposizione d’animo favorevole verso tutti e ciascuno. I bambini in questo hanno spesso una marcia in più, e quindi da loro impariamo e lasciamoci educare ad uno sguardo benevolo, accogliente e “lungo”, che sappia scorgere nel tempo libero, nel tempo dell’impegno, dell’espressività e delle attività strutturate per i nostri ragazzi un tempo sempre “educativo”, dove la parola che guida il nostro agire è ciò che aveva scoperto don Bosco e prima e dopo di lui tanti altri: l’educazione è cosa del cuore (se no, non è).

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