Magazine Alternativa A Numero 1
Anno 2024
The Old Oak
14 Marzo 2024

SCHEDA DEL FILM:

Regia: Ken Loach

Sceneggiatura: Paul Laverty

Fotografia: Robbie Ryan

Montaggio: Jonathan Morris

Scenografia: Micaela Saiegh

Interpreti principali: Dave Turner (TJ Ballantyne), Ebla Mari (Yara)

Produzione: Sixteen Films

Distribuzione italiana: Lucky Red

Durata: 113′

Origine: Regno Unito, Francia, Belgio

Data di uscita italiana (Cinema): 16/11/2023

Data uscita in DVD: 29/02/2024

L’8 febbraio è cominciata la 36esima stagione del Cineforum di Domodossola, come sempre organizzato dall’Associazione “Mauro Magrì”. La stagione si sviluppa in 15 serate – tutti i giovedì tranne il 25 aprile – concludendosi il 23 maggio.

La partenza ritardata, rispetto alla canonica inaugurazione di novembre, ha permesso al direttivo di selezionare pellicole di recentissima uscita, quasi tutte della stagione in corso. E dato che l’onda lunga del Covid, relativamente alla produzione cinematografica, sembra finalmente aver esaurito la sua inerzia, la selezione è stata particolarmente complessa, vista la grande quantità di titoli di valore arrivati sul mercato, dopo tre anni di uscite ritardate, razionate o del tutto cancellate.

Ne consegue che molti film di qualità non sono entrati nella selezione finale anche se lo avrebbero meritato, spesso per evitare un’eccessiva presenza di un certo genere, o di un tema, o di un Paese. Ne è un esempio The Old Oak, del regista inglese Ken Loach.

L’Old Oak (letteralmente “La vecchia quercia”) è un posto speciale. Non è soltanto l’unico pub aperto in un ex cittadina mineraria del nord est dell’Inghilterra, ma è l’unico luogo pubblico in cui le persone possono ritrovarsi, che TJ Ballantyne tiene in piedi con buona volontà. 

Quando un gruppo di donne, bambini e anziani siriani vengono scaricati dal pullman che li ha portati sino nel cuore popolare e proletario di una delle nazioni più ricche del mondo, quello che trovano è ostilità e diffidenza. Tra di loro c’è una ragazza, Yara, una delle poche che parla bene l’inglese. Scatta delle fotografie con la macchina che il padre prigioniero politico le ha regalato.

Quando uno dei giovani sbandati gliela rompe, è TJ a darle una mano. Assieme ai volontari locali TJ e Yara rimettono in sesto la sala sul retro del locale per offrire un pasto caldo a chi ne ha più bisogno: non solo le famiglie dei rifugiati, ma i ragazzini del posto, le donne sole, le persone in difficoltà.

Per farlo però occorre superare il pregiudizio strisciante, il razzismo xenofobo di chi pensa che umiliare chi è ancora più in basso nella scala sociale possa essere l’unica strada possibile.

Durante tutta la sua carriera, Ken Loach ci ha abituati al cinema di denuncia, alla rappresentazione di situazioni reali o realistiche della società occidentale contemporanea per metterne in mostra i difetti, le storture, le inadeguatezze. L’indignazione nel suo cinema però è tale che molte volte rischia di essere schematico nella contrapposizione tra il bene e il male.

Qui invece sembra tornato ai momenti migliori del suo cinema, quando le istanze sociali e politiche lasciano da parte la denuncia militante e l’invettiva diretta, ma si fanno racconto di un’Inghilterra popolare e proletaria, di provincia, capace ancora di battersi per quei valori che il suo lavoro ha testimoniato incessantemente lungo cinquant’anni di carriera.

E infatti The Old Oak si porta anche dietro tutta la vita e le storie delle persone. Le foto di Yara e soprattutto quelle appese sulle pareti dei minatori, raccontano molto dei protagonisti, del loro passato e della storia della cittadina mineraria. E il volto vissuto di Dave Turner nei panni di TJ può idealmente sovrapporsi con quello di Dave John di Io, Daniel Blake e Kris Hitchen di Sorry We Missed You. Con un primo piano su di loro Loach riesce già a raccontare parte della storia del film.

Anche questa volta, infatti, sono splendide le facce degli attori, giustamente comuni e sconosciuti, capaci di incarnare senza fatica il quarto stato di Loach.

Questo è un film che arriva direttamente, che colpisce duro, che lascia spiragli ma forse non ha speranza. Lo straordinario finale, tra i più emozionanti di tutto il suo cinema, è forse un sogno. Di armonia, pace e bellezza, come quello di Don Giulio in La messa è finita quando si gira dopo la funzione e sorride sulle note di Ritornerai di Bruno Lauzi. Si, The Old Oak pensa che un altro mondo non sia possibile. Ma Loach, in un film anche di spietati tradimenti, ci fa vedere come dovrebbe essere. Per questo il finale è un abbraccio verso tutti noi.

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