È stato sindaco di Domodossola, esponente di spicco del Pd provinciale, ha partecipato alla vita politica ossolana a partire dagli anni ‘70. Non tutti però sanno che Mariano Cattrini (78 anni), in un giorno di aprile di 50 anni fa, partiva per Roma per la prima esperienza di servizio civile, alternativo a quello militare.
“Un obiettore di coscienza di tutto rispetto”, titolava allora il settimanale Risveglio Ossolano. Pacifista con forti motivazioni cristiane, Cattrini fece parte dei primi 30 obiettori di coscienza riconosciuti in Italia.
Prima si andava direttamente in galera.
Sicuro. Nel dicembre del 1972 era stata approvata in fretta e furia la legge sul servizio civile. Convinto pacifista inoltrai anch’io la domanda – dice Cattrini -. Fu una scelta che maturai nell’ambito cattolico. Ma non fu facile. Ero solo come un cane. Mi guardavano come se fossi mezzo matto. Solo la parte più progressista della chiesa apprezzò questa scelta.
Come arrivò a quella decisione?
Tutta colpa di un film che vidi a 15 anni: Tu non ucciderai. Un film del regista francese Claude Autant-Lara, decisamente pacifista.
Il film ‘Tu ne tueras point’ era stato censurato in Italia, ma il sindaco di Firenze Giorgio La Pira, cattolico e democristiano, nel ‘61 fece proiettare il film in barba a tutti i divieti.
Sì, vidi quel film e decisi che anch’io non avrei fatto il militare. Mi documentai approfonditamente. Studiai proprio filosofia per poter argomentare con cognizione di causa questa scelta. Scelta che già allora consideravo un po’ folle.
Chi le fu vicino in quel tempo?
Alcuni preti localmente mi appoggiarono, parlo di don Carlo Grossini che fu un mio sostenitore entusiasta, don Giannino Piana ma anche don Sergio Chiesa, don Gianni Luchessa, don Antonio Visco qui in Ossola. Ufficialmente però la chiesa, quella ufficiale, ci ignorava.
C’era già stato il caso di don Milani, la sua lettera ai cappellani militari che poi ebbe una grande diffusione con il pamphlet “L’obbedienza non è più una virtù”.
Certo, c’erano stati don Milani, Ernesto Balducci, e appunto La Pira, che erano i nostri punti di riferimento, come lo fu anche monsignor Bettazzi vescovo di Ivrea. Ma mi creda la chiesa, quella istituzionale, era contro di noi. Tanto è vero che nel consiglio parrocchiale, dove ero attivo da anni, non si è mai accennato alla mia scelta, né prima né dopo.
Come si sentiva?
Solo. E sotto osservazione. Pensi che, nei vari incontri, quando parlavo dell’obiezione, delle motivazioni pacifiste, ero sempre controllato dalla polizia. Non senza fondamento, perché accanto a noi – i “non-violenti” – che eravamo in maggioranza, c’era anche una sinistra radicale, estremista, comunista che si muoveva in altre direzioni, gente che si rifiutava di combattere per questo Stato, ma che in altre circostanze avrebbe preso anche le armi.
Cosa che poi successe, ahimè. La sua non fu una scelta facile, dunque.
A parte che avrei potuto essere riformato per problemi di vista, rifiutai anche la possibilità di svolgere il servizio nei vigili del fuoco.
Disposto a tutto per le sue idee!
Ma non volevo di sicuro andare in galera. Tanto che feci un corso a Brescia per insegnare all’estero in Somalia come volontario. In questo modo, dopo due anni, avrei assolto all’obbligo del servizio militare. Avevo superato il corso e avevo fatto pure le vaccinazioni. Ero pronto per partire, quando il ministero della difesa, vista la mia domanda di obiezione al servizio militare, mise il veto.
Come ne venne fuori?
Ne parlai con il parroco, don Angelo Bona, il quale mi indirizzò da Giulio Andreotti. Che mi ricevette nel suo studio: ricordo ancora che nell’atrio c’erano numerose persone, chi chiedeva una cosa chi un’altra. Fra queste anche uno scrittore che voleva pubblicare il suo libro; era lì da ore e non lo facevano passare. Andreotti mi ricevette quasi subito: fu gentilissimo, ascoltò le mie motivazioni e mi indirizzò da un generale per risolvere definitivamente la questione. ‘Se ci fossero ancora problemi, mi faccia sapere, mi raccomandò, mi disse accomiatandomi.
Raccomandato dal parroco e da Andreotti: in una botte di ferro!
Sembrava. È vero, quel generale mi disse che non c’era nessun problema, potevo partire anche subito per la Somalia. Ma aggiunse: basta che lei ritiri la domanda di obiezione. Rifiutai.
E così invece che per la Somalia partì per Roma per il servizio civile.
Dopo Roma, andammo a Vicenza al patronato sindacale. Eravamo in sette: io, che avevo 26 anni e che mi ero laureato in filosofia, due ingegneri, un insegnante di lettere, un perito, figlio di un industriale, più hippie che pacifista, un sindacalista… fu una grande esperienza. Lavoravamo assieme al sindacato dei metalmeccanici. Conoscemmo l’ambiente operaio del vicentino, facemmo inchieste sulle fabbriche, sullo sfruttamento, sulla condizione di salute dei luoghi di lavoro. Preparavamo le pratiche pensionistiche, quelle relative ai contributi versati dai datori di lavoro. Verificavamo se fossero in regola. Quando ce ne andammo ci salutarono in 300, fu commovente. Io, per di più tornavo sovente a Roma per gestire i corsi di avviamento della Loc, la Lega degli obiettori di coscienza.
Dove organizzavate i corsi?
Eravamo in pianta stabile nella sede dei radicali di Marco Pannella. Fu così che ebbi modo di conoscere un po’ tutti loro, Emma Bonino, Adele Faccio, Mauro Mellini, e tutti gli avvocati che ci difendevano gratuitamente. Gente onesta, ma decisamente particolari.
Perché dovevano difendervi?
Perché allora il servizio civile era sotto la giurisdizione militare e rischiavamo di finire in galera ad ogni piè sospinto non solo per quanto potevamo dire o fare, ma anche solo perché ci spostavamo da un posto all’altro.
Ebbe un seguito la sua azione?
Sì, parecchi fecero obiezione anche qui nell’Ossola. C’era un gruppo di giovani che mi seguiva. La strada per il servizio civile era stata ormai aperta.
E se volessimo saperne di più?
Oggi il servizio civile si è istituzionalizzato. Noi pubblicammo un opuscolo “Cittadini di Carriera. Il servizio civile in Italia, risultati dopo le prime esperienze”, dove raccontammo la nostra storia.
L’opuscolo è ormai introvabile. Ma il servizio civile è diventato servizio civile universale. Non dura più due anni, ma uno solo. È aperto a tutti i giovani, ragazzi e ragazze di età compresa tra i 18 e 28 anni, anche stranieri regolarmente residenti in Italia. Sul sito web del governo ci sono tutte le informazioni: www.politichegiovanili.gov.it/servizio-civile
La città di Verbania fu una delle prime città in Italia, nel 1978, a convenzionarsi con il Ministero della difesa per l’utilizzo degli obiettori di coscienza. Una scelta coraggiosa, anche perché uno degli obiettori in servizio allora fu arrestato per aver affisso manifesti antimilitaristi. Provocando non pochi problemi all’allora giovanissimo assessore Aldo Reschigna (Vedi: “Non un uomo non un soldo” di Marco Labbate, ed. Gruppo Abele). Ma questa è un’altra storia.
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