Nascere e crescere in un luogo rappresenta un insieme di sensazioni, di richiami affettivi ed emotivi che inevitabilmente impregnano la vita di ognuno di noi. Il nostro presente ha radici nel passato e la scuola deve avere tra le sue finalità risvegliare il senso di appartenenza e il senso critico nel bambino verso il proprio territorio. Questo è stato il motivo alla base dell’esperienza significativa svolta con una classe di scuola primaria negli anni 2004- 2009, volta a definire l’ambiente e a sentirsi parte attiva sotto l’aspetto identitario e personale.
Le motivazioni nell’intraprendere quel percorso educativo-didattico sono state conoscere il proprio paese nelle sue specificità, partecipare insieme alla crescita culturale della comunità nella quale si è inseriti e gestire insieme un progetto utile alla comunità locale.
Il progetto ha coinvolto l’insegnante dell’ambito linguistico–antropologico e gli alunni lungo tutto il periodo del quinquennio di scuola primaria, con intensificazione degli interventi soprattutto negli ultimi due anni. In quel tempo gli alunni hanno potuto conoscere da vicino il loro territorio, imparando ad accettare e amare ciò che c’è intorno, a prescindere dalla sua grandezza e bellezza. La piccola frazione verbanese di Trobaso ha avuto nel passato un ruolo produttivo e partecipe dell’industrializzazione di Intra ed ebbe un ruolo significativo sul piano imprenditoriale e commerciale.
Le frequenti uscite sul territorio hanno determinato “il camminare” attraverso la storia, visitando luoghi significativi nell’ottica dell’aula decentrata.
Il progetto è stato avviato in classe con un’attiva partecipazione e sensibilizzazione degli alunni valorizzando le capacità individuali per raggiungere un fine comune rendendoli protagonisti del percorso educativo.
Inoltre, gli alunni hanno potuto sviluppare ed approfondire alcuni aspetti di conoscenza storica, economica, religiosa, sociale e culturale del proprio paese, dotandoli della possibilità di contribuire al mantenimento delle relazioni uomo/ambiente e conservando la memoria delle presenze, delle idee e delle attività. Ciò ha permesso alla comunità e alle persone di ritrovarsi nella storia di quell’ambiente.
Il percorso formativo è stato impostato sulla metodologia della ricerca storica utilizzando il territorio come aula decentrata e quale fonte didattica, luogo di studio e di sviluppo. Inoltre, i bambini, ampliando le competenze storico/antropologico/ambientali, hanno potuto utilizzare linguaggi diversi per nuove produzioni, accrescendo la motivazione al proprio apprendimento.
Il progetto si è collocato nella dimensione della sperimentazione sul territorio, nell’ottica della scuola autonoma. Infatti, la Legge 59/1997 e il DPR 275/1999, con il decentramento di alcune funzioni dell’amministrazione centrale alle singole istituzioni scolastiche, hanno rappresentato un passo significativo nell’evoluzione del sistema educativo e scolastico italiano, rafforzati poi dalla riforma del 2001 che intervenne anche sul Titolo V.
La sperimentazione nelle scuole di ogni ordine e grado è espressione dell’autonomia didattica dei docenti. Oggi sembra essere una concezione diffusa l’idea che la realizzazione di una scuola di massa e di qualità sia connessa al passaggio dal programma al curricolo. Tuttavia, il dibattito in corso dà a volte l’impressione che molti abbiano abbracciato un’idea in voga, senza coglierne le implicazioni più significative e che utilizzino il termine “curricolo” come sinonimo di programma. La scuola del curricolo che si pone l’obiettivo di formare i cittadini, attribuisce fondamentale importanza non solo ai saperi, ma anche alle metodologie e alle modalità relazionali, agli strumenti e agli ambienti di apprendimento per permettere la realizzazione di saperi significativi per la maggioranza degli studenti.
In realtà, nella scuola italiana, l’utilizzo di nuove metodologie e nuovi sistemi relazionali si verifica in pochi casi; anche nella scuola di base, dove sono avvenute le riforme più profonde, permangono invece impostazioni didattiche su paradigmi tradizionali.
Per riprendere il discorso sul percorso formativo succitato, le fasi di lavoro per la realizzazione del procedimento didattico/educativo si sono incentrate sulla ricerca di informazioni utilizzando fonti diverse come ad esempio il territorio, gli oggetti, i documenti scritti, le fonti d’archivio, le testimonianze orali (gli anziani).
L’iter si è anche realizzato attraverso la raccolta e la selezione del materiale attinto dagli archivi, di Stato, parrocchiale e dalla biblioteca civica locale. La raccolta del materiale è avvenuta tramite la suddivisione degli oggetti in categorie e funzioni e la catalogazione dei documenti scritti. A conclusione l’intera produzione è stata raccolta per la pubblicazione di un libro di storia locale.
Con questa metodologia di ricerca attiva, è stato utilizzato il territorio come aula decentrata, come ricerca sul campo (ambiente come laboratorio-osservazione-interrogazione della realtà), ricerca con i modelli (classe come laboratorio cognitivo) e la ricerca con le fonti documentarie. Ci si è avvalsi di un percorso metodologico della ricerca con una prima raccolta dei dati e il lavoro alternato sul territorio e in aula. Si sono utilizzati la riflessione, il confronto dei dati, la rielaborazione e la ricerca da altre fonti. In una successiva fase si sono ricavate le conclusioni con l’interpretazione e la valutazione della realtà studiata. Infine, si è prospettata la modifica di qualche aspetto della realtà stessa. L’alunno è stato così guidato a saper essere consapevole, responsabile e cittadino attivo.
Il saper fare si è raggiunto con la documentazione ragionata e organizzata del materiale raccolto che successivamente è stato pubblicato, come detto, nel libro, Alègar, storie di due paesi, Trobaso Unchio, venduto in 500 copie e ancora oggi altamente richiesto come lettura, studio e consultazione. Per la pubblicazione vi è stata la collaborazione tra la Scuola, l’Ente Locale, le associazioni e un istituto bancario.
Ricostruendo l’ambiente di Trobaso e dintorni si è constatata la sua metamorfosi nel tempo dal punto di vista economico in seguito alla chiusura delle industrie dagli anni Settanta e la quasi totale scomparsa delle attività commerciali. Anche la salvaguardia dei centri storici e dell’antica configurazione urbanistica sono stati messi a dura prova durante lo scorrere del tempo che implacabile ne ha delineato le trasformazioni.
L’insegnamento significa molte cose: prestare attenzione ai comportamenti degli allievi, fissare obiettivi chiari per l’apprendimento, scegliere gli argomenti, i percorsi, i tempi e i modi adeguati perché ciascuno lavori consapevolmente, sviluppando le proprie potenzialità, per trasformare le conoscenze di ciascuno in competenze. Inoltre, la scuola deve stimolare, affiancare, facilitare e contribuire a creare un clima stimolante e inclusivo che garantisca benessere agli studenti, ma al tempo stesso a docenti e famiglie coinvolti nel processo formativo.
Si chiede molto alla scuola, dalla formazione degli insegnanti, all’acquisizione delle competenze didattico-metodologiche, fino quasi a un ruolo di “genitore surrogato” che deve dare risposte ad ogni problematica sociale e psicologica correlata alla crescita e allo sviluppo dell’alunno.
La complessità esiste e si concretizza solo attraverso sistemi di relazioni, va compresa nell’insieme. Ogni cambiamento, anche piccolo, di un aspetto porta cambiamenti in molti altri aspetti interrelati. Certe concezioni scientifiche e visioni della realtà, ad esempio secondo Morin, richiamando l’epistemologia genetica di Piaget, mantengono la loro vitalità perché non si prestano alla chiusura disciplinare. A dimostrazione, in questi ultimi anni, abbiamo imparato concretamente che la stabilità e la salute di un ambiente non dipendono solo da ciò che c’è in quell’ambiente, ma dall’interazione degli elementi che lo compongono e dalla loro complementarità: ci sono elementi che compaiono, altri che si sviluppano, altri ancora che vi si oppongono nella ricerca di sempre nuovi equilibri. La scuola deve contribuire ad accogliere e promuovere il modello della complessità.
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