“Leggere è sempre un’arte complessa – scriveva Virginia Woolf nel volumetto – come leggere un libro che richiede sì sensibilità e immaginazione, ma anche quella capacità di confronto che proprio l’esperienza delle precedenti letture ci offre e che è alla base del nostro giudizio”.
Ora Lajos, con un telegramma, annuncia il suo imminente arrivo nella casa dove Eszter vive in compagnia di una vecchia parente, Nunu.
Quando la lettura diventa una componente essenziale della vita, non ci si stanca mai di cercare il libro perfetto, di leggere recensioni, di frequentare librerie e biblioteche, di sfogliare libri per capire cosa rivela una copertina, di interrogare chi ha già letto, o semplicemente di ascoltare le sensazioni, per potersi fidare degli indizi raccolti. L’optimum naturalmente si raggiunge nella scoperta di un romanzo che eguagli, in bellezza, quello indimenticabile che si era letto anni fa. Tuttavia, quando i desiderata non si realizzano, a volte ci si imbatte in uno scritto “non banale”, capace di accendere una luce e di risvegliare il piacere della lettura. Così è successo con il libro “Sotto una pioggia gentile” di Ólafur Ólafsson, scrittore islandese contemporaneo.
Così comincia la narrazione:
“Vorrei lasciare tutto in ordine, prima di chiudere. Ho cominciato a fare le pulizie, non c’era motivo di aspettare. Ieri sera, dopo che il personale è rincasato, mi sono seduto nel mio ufficio e ho buttato giù un promemoria, che poi ho perfezionato stamattina.”
Quando Kristófer, protagonista settantenne del romanzo, decide di chiudere il suo ristorante di successo a Reykjavík a causa dei limiti imposti dalla pandemia, contemporaneamente riceve, attraverso un social, una richiesta inaspettata di amicizia da parte di Miko, la donna amata in gioventù, ma poi improvvisamente sparita.
La coincidenza dei due eventi, ugualmente determinanti per Kristófer, dà il via a un suo lungo viaggio, che lo porterà dapprima a Londra dove, giovanissimo, aveva vissuto la relazione e con Miko e successivamente in Giappone, alla ricerca della stessa donna.
Da qui si snoda la storia del romanzo, lungo un itinerario di spazio e di tempo che lo porterà non solo a rivedere Miko, ma anche a ripercorrere più di cinquant’anni della sua stessa esistenza.
L’alternarsi di passato e presente, vissuti nelle odierne Reykjavík e Hiroshima, e nella Londra degli anni ’60, svela la relazione intensa e segreta vissuta con la giovane Miko, nei vent’anni del protagonista, quando lavorava come lavapiatti nel ristorante del padre della ragazza. Una relazione interrotta bruscamente e misteriosamente quando lei e il padre avevano lasciato improvvisamente la città. Ma soprattutto porta a galla la bella figura del protagonista, gentile e attento ai sentimenti.
Così Kristófer parte per un viaggio lungo e difficile a causa della pandemia, così come emotivamente, per un viaggio che potrebbe metterlo di fronte a situazioni impreviste, incerte, dolorose, ma certamente rivelatorie.
“Nel mio bagaglio ho messo la città, i ricordi, la gioia, la tristezza, la rabbia… e quell’amore che mi è stato d’ostacolo in tante cose, per tutti questi anni”.
Eppure non può ritrarsi dal richiamo fortissimo della partenza, né della ricerca dei sentimenti di oggi e di ieri, l’amore, la perdita, la solitudine e la speranza, che sono i temi stessi del romanzo, sempre più consapevole del peso che le esperienze del passato continuano ad avere sulla nostra vita.
“Sotto la pioggia gentile” è un romanzo sobrio, elegante e lirico; la sua storia, così privata e intima, cattura il lettore con le sue ambientazioni e con il mistero che il finale inatteso svela.
La narrazione è misurata, fluente e cadenzata, le atmosfere evocano luce, oscurità e ombre che si alternano senza contrasti, avvicendandosi attraverso sfumature che rendono tutto molto suggestivo. In essa c’è molto della letteratura e cultura giapponese, delle quali lo scrittore è profondo conoscitore, felicemente accostate ad elementi narrativi di ispirazione nordica.
A volte però si desidera di ritornare a libri già letti, forse per nostalgia, forse per nuove curiosità. È il caso di “Dio di illusioni”, di Donna Tartt, recentemente riletto, a trent’anni dalla sua uscita. L’autrice, al suo esordio, firmò uno dei più grandi successi internazionali degli anni Novanta.
Siamo di fronte a un libro di grande potenzanarrativa e di contenuti forti, evocativa di ambientazioni dark e crepuscolari, bagliori autunnali, atmosfere cupe e gotiche, che riporta in superficie,mitizzandolo, un certo passato storico e culturale, per lo più classico.
È un romanzo di formazione, ma anche un mistery e un thriller psicologico, che racconta il percorso di un gruppo di ragazzi universitari, esplorandone le oscure e complesse dinamiche all’interno di un piccolo ed esclusivo college nel Vermont,
Il primo personaggio presentato è il narratore Richard Papen, ragazzo solitario e senza amici, che, entrato nel college del Vermont e conquistato dai cinque studenti del professor Julian Morrow, finisce per ritrovarsi nel loro gruppo, attratto fatalmente da quella compagnia ambigua ma attraente che lo cambierà per sempre.
Lui stesso, voce narrante della storia, nel prologo del romanzo ci porta subito all’interno della trama, nel college del Vermont, in un inverno gelido, confessando che è stato commesso un omicidio: il suo amico Bunny è morto, e lui stesso dichiara di essere in parte responsabile di quel crimine. Il suo racconto, che vorrebbe essere il riscatto del suo senso di colpa, è soprattutto la promessa di un’esperienza letteraria unica, dove si prepara e si compie una tragedia, alla quale il lettore non potrà sottrarsi.
I cinque personaggi ai quali Richard si unisce, sono giovani, ricchi, belli e dannati, colti, eccentrici, presuntuosi, alla costante ricerca del sublime.
Amano leggere, tradurre, discutere di grammatica greca e filosofia antica; sono affascinati dalle droghe e da giochi pericolosi, e vivono in un mondo a parte, quasi danzando come creature misteriose, lontanissimi dagli altri studenti del college e dalle loro abitudini, e per questo così seducenti per Richard che, quanto più si avvicinerà a loro, tanto più scoprirà la realtà inquietante e pericolosa che nascondono.
Il fascino della cultura classica, dal quale sono soggiogati i protagonisti, immersi nei contenuti di opere epiche, filosofiche e poetiche, così come il fascino dell’esoterico, dei culti pagani e dei riti dionisiaci, si trasmette agli stessi lettori che sembrano condividerne la passione. Questo mondo però, messo al centro della trama, diventa il movente delle azioni sciagurate dei personaggi.
Il loro stesso mentore, Julian Morrow, professore di greco antico, è un personaggio eccentrico e ambiguo, che insegna a un’élite ristretta e da lui stesso selezionata. Intoccabile, enigmatico, manipolatore e con metodi di insegnamento per nulla convenzionali, è il maggiore responsabile della parabola dei ragazzi.
Fino a quando tutto cambia, il segreto si presenta nella sua brutalità, il castello di carta crolla insieme a tutte le illusioni che lo hanno sostenuto, alla convinzione di immortalità e onnipotenza, all’arroganza e all’incoscienza che hanno animato i giovani protagonisti.
Il finale per ognuno di loro sarà diverso ma ugualmente drammatico, rivelando troppo tardi gli inganni dei quali sono stati vittime e colpevoli.
“Dioniso [è] maestro d’illusione, colui che sa far crescere una vite da un legno di nave, e in generale rende capaci i suoi devoti di vedere il mondo come non è”. Citazione di E.R. Dodds, I greci e l’irrazionale, che introduce il Libro secondo del romanzo. |
Autore: Ólafur Ólafsson
Titolo: SOTTO LA PIOGGIA GENTILE
Traduzione: Alessandro Storti
Edizione: Einaudi, 2023
Pagine: 266
Autore: Donna Tartt
Titolo: DIO DI ILLUSIONI
Traduzione: Idolina Landolfi
Edizione: Rizzoli, 2003
Pagine: 622
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